Il potere di dare i nomi alle cose è, fin dai tempi della Bibbia, il potere supremo, e nell’era dell’informazione lo è più che mai: ogni giorno nuove parole nascono per definire nuovi concetti (femminicidio, petaloso, rider) e ogni giorno parole vecchie assumono nuovi significati (giustizialista, negazionista, peracottaro) mentre altre sfumano verso l’oblìo insieme agli oggetti e ai concetti che rappresentano (signorina, merceria, acquaiolo).
Ogni giorno inventiamo o adottiamo parole di cui potremmo -o vorremmo- fare a meno, ma sono altrettante le parole che ci mancano, o che non sappiamo più trovare, per descrivere il presente e immaginare il futuro.
Il potere di imporre, o di nascondere, o di “sporcare” una parola è il potere di disegnare un possibile futuro e di negarne un altro, ed è paradossale che proprio nell’era dei meme istantanei e dell’accesso universale all’agorà virtuale questo potere sia sempre più concentrato e monolitico.
In questa rubrica andremo in cerca di buone parole da rivitalizzare e di parole ambigue da decodificare: e ogni tanto, con un po’ di fortuna, ci capiterà forse di (ri)trovare qualcuna delle parole/idee che mancano all’appello.