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(Tratto dal Volume 2 di Simbiosi. Puoi acquistarlo qui.)

Fotografie di Serena Magagnoli

Con il termine saproxilico si indicano quegli insetti che dipendono, almeno in uno stadio del loro ciclo vitale, dal legno deperiente o morto. In realtà tale definizione è più complessa e include anche gli esapodi in grado di svilupparsi a spese di funghi che abitano il legno e quelli che necessitano della presenza di altri organismi saproxilici (Speight, 1989).

La maggior parte degli insetti inclusi in questa categoria, appartiene ai coleotteri, uno tra gli ordini più rappresentati all’interno del gruppo degli insetti, con oltre 350.000 specie sinora descritte (Sommaggio & Paoletti, 2018). Il legame che questi organismi instaurano con le foreste è indissolubile e reciproco e porta benefici e vantaggi a entrambe le parti. Infatti, sebbene da un lato gli insetti saproxilici necessitino del legno morto per la loro sopravvivenza, dall’altra partecipano, insieme a funghi e batteri, alla sua decomposizione.

Purtroppo, lo sfruttamento che ha caratterizzato le foreste negli ultimi secoli ha inciso pesantemente sulla disponibilità di legno morto e di conseguenza sulla biodiversità degli ecosistemi forestali portando alla rarefazione di alcune specie. Moltissimi sono stati i progetti di ricerca che negli ultimi anni si sono occupati di questo aspetto, con l’obiettivo di ripristinare le condizioni ottimali per la sopravvivenza degli insetti saproxilici. Tuttavia, siccome le specie di coleotteri legate al legno morto o moribondo sono numerosissime, gli sforzi dedicati alla protezione di questi insetti si concentrano solo su alcune specie definite “ombrello”. La definizione di specie ombrello è alquanto intuitiva: proteggendo una specie con esigenze ecologiche ristrette si tutelano al contempo numerose altre specie dell’ecosistema forestale. Un altro aspetto non meno importante quando si parla di conservazione è la divulgazione. Riuscire a comunicare al grande pubblico le problematiche legate alla tutela della Natura non è un aspetto facile. Per questo motivo, le specie particolarmente appariscenti sono state definite “specie bandiera”, come nel caso della coloratissima Rosalia alpina (Rosalia alpina L., Coleoptera Cerambycidae). Questo coleottero cerambicide, di dimensioni variabili dai 20 ai 40 mm, ha il corpo di un bellissimo azzurro-celeste. Le elitre (ali modificate con funzione protettiva) presentano macchie trasversali nere di aspetto vellutato. Anche le antenne sono azzurre, ma interrotte da anelli neri; inoltre superano per dimensioni la lunghezza del corpo (Fig. 1). Gli adulti si possono incontrare dal mese di giugno nelle faggete mature del nostro Paese a un’altitudine compresa tra i 600 e i 1600 metri (Fig. 2).

Fig. 1 Il colore azzurro-celeste del corpo e le lunghe antenne azzurrate, con anelli neri, rendono la Rosalia alpina molto elegante e facilmente riconoscibile anche dalle persone meno esperte.

Fig. 2 L’habitat elettivo della Rosalia alpina è la faggeta matura compresa tra 600 e 1600 metri. Le femmine prediligono i faggi moribondi o morti per la deposizione delle uova.

Le uova vengono deposte all’interno di crepe e fessure dei tronchi morti e moribondi prediligendo i faggi. I tempi di sviluppo delle larve sono piuttosto lunghi e richiedono dai 2 ai 4 anni. Nonostante il colore degli adulti, questo coleottero appare estremamente mimetico sulle cortecce dei faggi. Le ombre proiettate dalle foglie sui tronchi e la presenza di numerosi licheni nascondono la Rosalia alpina agli occhi dei meno esperti (Fig. 3).

Fig. 3 Nonostante il colore del corpo brillante, la Rosalia alpina appare estremamente mimetica sulle cortecce dei faggi incrostate di licheni.

Ricordo come fosse ieri l’emozione del primo incontro avvenuto nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna quando la vidi su una ceppaia di faggio al sole. La Rosalia alpina al pari di altre specie di coleotteri è protetta da numerose leggi regionali ed è inserita nella Direttiva Habitat 92/43/CEE (Allegati II e IV) il cui scopo è salvaguardare la biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali. Anche il Cervo volante (Lucanus cervus L., Coleoptera Lucanidae) gode, in parte, delle stesse attenzioni riservate alla Rosalia alpina. Le dimensioni corporee dei maschi, che possono raggiungere gli 85 mm, rendono questo coleottero il più grande a livello europeo (Fig. 4). Tale caratteristica, unita alle mandibole molto sviluppate, ha finito per rendere famosa questa specie, al punto che risulta essere tra le più amate e conosciute dal grande pubblico. Al calar della sera, nel mese di giugno, si può assistere a quello che ritengo uno dei più begli spettacoli della Natura italiana: i maschi dei cervi volanti che vanno in cerca di femmine. Il peso e l’aspetto corazzato rendono l’insetto goffo nel volo tanto da poter esser facilmente riconosciuto anche nell’oscurità della sera. Spesso i maschi lottano duramente per la conquista della femmina utilizzando le possenti mandibole per imporsi sull’avversario (Fig. 6).
Le femmine (Fig. 5) depongono le uova in prossimità degli apparati radicali degli alberi tra cui, ad esempio, querce, faggi, salici, pioppi e tigli; le larve impiegano fino a sette anni per completare lo sviluppo.

Fig. 4 I maschi di Lucanus cervus hanno un aspetto corazzato. Le dimensioni del corpo e le grandi mandibole fanno sì che l’insetto risulti goffo nei movimenti e nel volo.

Fig. 5 Tra i maschi e le femmine di Lucanus cervus c’è un forte dimorfismo sessuale: le femmine hanno dimensioni del corpo ridotte e mancano delle grandi mandibole che caratterizzano i maschi.

Fig. 6 I maschi lottano tra di loro utilizzando le grandi mandibole per conquistare le femmine.

Meno appariscente e più elusivo è l’Eremita odoroso (Osmoderma eremita Scopoli, Coleoptera Scarabaeidae), simbolo del noto progetto Life Eremita (LIFE14 NAT/IT/000209 EREMITA) volto alla conservazione di quattro specie di invertebrati tra cui appunto l’Eremita. Gli adulti, dall’aspetto tozzo, appaiono color cuoio con elitre lucenti e risultano facilmente confondibili con altre specie di coleotteri (Figg. 7 e 8). Le femmine depongono le uova nella rosura di alberi cavitati (es.: querce, tigli, castagni, gelsi) e le larve impiegano 2-3 anni per completare lo sviluppo. La biologia di questo insetto rende difficilissimo l’incontro, ma il fascino che esercita sugli entomologi è indescrivibile ed è probabilmente legato alla sua indole sfuggente. Una caratteristica peculiare è data dall’odore del maschio dovuto alla presenza del decalactone, una molecola presente anche in prugne e albicocche (Ranius et al., 2005).

Fig. 7 Gli adulti di Osmoderma eremita hanno corpo tozzo con elitre nere lucenti. I maschi hanno un odore molto particolare che ricorda la frutta matura.

Fig. 8 L’Osmoderma eremita è un coleottero molto elusivo legato agli alberi cavitati dei nostri boschi. Difficilmente lo si incontra in ambiente aperto.

Alle vecchie querce che caratterizzavano le aie delle case di campagna è legato un altro coleottero: il Cerambice della quercia o Capricorno (Cerambyx cerdo L., Coleoptera Cerambycidae). Il corpo di dimensioni ragguardevoli (fino a 60 mm) è bruno, come pure le lunghe antenne che lo caratterizzano (Fig. 9).

Fig. 9 Gli adulti del Cerambyx cerdo si possono incontrare al crepuscolo sulle piante che verranno utilizzate dalle femmine per deporvi le uova (in primis querce, ma anche ad esempio noci e frassini).


Le larve impiegano diversi anni per completare lo sviluppo (3-5 anni) e utilizzano le possenti mandibole per scavare gallerie nel legno ancora vivo. Jean-Henri Fabre, noto entomologo francese dell’Ottocento, rimase particolarmente colpito dalla biologia della larva e in un capitolo della sua opera principale “Souvenirs Entomologiques” ebbe a scrivere:

E così eccoci convinti: a dispetto della sua apparenza robusta il capricorno è impotente di per sé di uscire dal tronco della quercia. Dunque spetta alla larva, con la sua sapienza di semplice pezzo d’intestino, di assumersi il compito di prepararsi la via d’uscita […] mossa da un impulso, da un presentimento che per noi rappresenta un mistero insondabile, la larva rode e scava tenacemente fino ad arrivare alla scorza dell’albero di cui essa lascia intatto soltanto uno spessore leggerissimo, una fragilissima tenda.

(Fabre, 2007)

Solo dopo essersi aperta la via, la larva preparerà la sua cella pupale, dove avverrà la metamorfosi da larva ad adulto.

Gli adulti sono attivi al crepuscolo o nelle prime ore della sera, mentre durante le ore calde del giorno si riparano nei tronchi cavi e nelle spaccature dei tronchi e dei rami (Fig. 10).

Fig. 10 Gli adulti di Cerambyx cerdo si riparano nei tronchi cavi e nelle crepe degli alberi durante le ore centrali della giornata.

Più comuni ma non meno belli sono il Morimus asper (Sulzer, Coleoptera Cerambycidae), simile per fattezze al cerambice della quercia, ma dal corpo più tozzo e rugoso (Figg. 11 e 12) e il Dorcus parallelepipedus L. (Coleoptera Lucanidae), un coleottero appartenente alla stessa famiglia del Cervo volante, ma dalle dimensioni corporee decisamente più contenute (Fig. 13).

Fig. 11

Figg. 11 e 12 Il Morimus asper è un coleottero cerambicide abbastanza facile da incontrare durante le escursioni. L’adulto non può volare a causa della fusione delle elitre (primo paio di ali modificate e con funzione protettiva).

Fig. 13 Le dimensioni contenute e l’aspetto opaco del Dorcus parallelepipedus facilitano il riconoscimento di questo coleottero tra gli insetti saproxilici delle faggete.

Le specie sinora descritte passano più tempo allo stadio di larva che di adulto. Gli adulti hanno vita breve, giusto il tempo necessario per accoppiarsi e deporre le uova. Solo il Morimus asper e il Dorcus parallelepipedus vivono più a lungo (fino a un paio di anni riportati per il M. asper).

Le misure di conservazione importanti per la protezione dei coleotteri saproxilici possono essere sintetizzate in una gestione degli ecosistemi forestali che mantenga gli alberi caduti al suolo e tuteli gli alberi maturi e cavitati. A questi aspetti, andrebbe aggiunto un piano di monitoraggio nel tempo volto a valutare lo stato di salute delle popolazioni degli insetti saproxilici con studi mirati ad approfondire la loro biologia ed ecologia.

Sarebbe bello che in futuro la conservazione del nostro patrimonio naturale non venisse associata esclusivamente all’utilità in termini di servizi offerti. Certo, il ruolo degli insetti nell’impollinazione delle colture di interesse agrario, l’importanza che hanno nella decomposizione della sostanza organica e nella lotta biologica, non possono passare in secondo piano. Tuttavia, non credo che questo possa essere l’unico motivo per preoccuparsi del loro declino. Non pensate che la vita sarebbe assai più triste e solitaria senza le specie animali e vegetali con le quali condividiamo il pianeta?

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Bibliografia

Fabre, J. H. (2007). Le meraviglie dell’istinto negli insetti. Armando Editore.

Ranius, T., Aguado, L. O., Antosson, K., Audisio, P., Ballerio, A., Carpaneto, G. M., Chobot, K., Gjurasin, B., Hanssen, O., Huijbregts, H., Lakatos, F., Martin, O., Neculiseanu, Z., Nikitsky, N.B., Paill, W., Pirnat, A., Rizun, V., Ruicnescu, A., Stegner, J., Suda, I., Szwako, P., Tamutis, V., Telnov, D., Tsinkevich, V., Versteirt, V., Mignon, V., Vogeli, M. & Zach, P., 2005. Osmoderma eremita (Coleoptera, Scarabaeidae, Cetoniinae) in Europe. Animal Biodiversity and Conservation, 28(1): 1-44.

Speight MCD. 1989. Saproxylic Invertebrates and their Conservation. Strasbourg, France: Council of Europe.

Serena Magagnoli

Serena Magagnoli

Laureata in Biodiversità ed Evoluzione, è assegnista di ricerca nell’area di entomologia del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna. Il suo ambito di ricerca riguarda lo studio dei metodi e delle tecniche per la conservazione e il potenziamento della biodiversità funzionale in ambienti agrari, con particolare attenzione alla lotta biologica e all’impollinazione. Unisce la passione per la Natura a quella per la fotografia, con cui documenta il diversificato mondo degli insetti.

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