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La Terra è nata circa 4.5 miliardi di anni fa, niente se paragonato alla grande storia dell’universo che la circonda.
Figlia di una nebulosa, come il resto dei corpi del nostro sistema solare. All’inizio della sua vita era calda, bollente come un calderone lasciato sul fuoco, che piano piano iniziò a solidificarsi e a creare un duro strato sulla superficie.
A quel tempo la Terra aveva un compagno, Theia, grande come Marte e chissà, forse aitante come lui. Un giorno si avvicinarono alla ricerca di un abbraccio cosmico, incapaci di sostenere la distanza tra loro.
Un solo momento d’amore, da cui nacque la Luna.
Theia morì, in quello scontro, ma ciò che si disperse continuò a vivere nella Terra e nella regina del cielo notturno. Il satellite che ammiriamo è forse frutto di un amore interplanetario.
Nel mentre i vulcani eruttavano impazienti, la loro roboante cacofonia era un canto che faceva da sottofondo al grande lavoro che stavano compiendo per ultimare l’opera.
La nostra parte di universo, in quel momento era l’equivalente di un campo di tiro al piattello; proprio i continui urti di meteoriti e comete portò il bene più prezioso: l’acqua.
Nacquero gli oceani e dal vapore comparve l’atmosfera e a poco a poco l’ossigeno.
Il primo tocco di colore in quel caleidoscopio di devastazioni che era la superficie nera e rugosa della Terra, fu il blu, con tutte le sue più belle sfumature.
In principio c’era un unico grande continente (Pangea) e un unico grande mare (Panthalassa).
Si separarono e unirono ancora e ancora, fino a dare un giorno, eoni dopo, la conformazione che conosciamo oggi.
Circa 3,7 miliardi di anni fa, in quell’acqua arrivata dallo spazio, simile ad un brodo, ebbe inizio senza un vero perché un effetto domino casuale eppure perfetto. Delle reazioni chimiche portarono ad una cellula, che un giorno imparò a scindersi, e lo fece ancora.
Iniziò l’abiogenesi, lo sviluppo della vita a partire da materia non vivente.
Con il tempo, al colore blu del mare, si aggiunse il bianco delle nuvole, il marrone della terra, il verde delle rigogliose piante.
Dopo una serie infinita di eventi che si susseguirono tragici e catastrofici, potenti nel loro essere, arrivammo noi.
Molte specie hanno solcato la Terra prima, più grandi, più forti, istintive, mosse da atavici gesti che non consentivano loro di plasmare il mondo: ne erano vittima.
L’errore fu l’uomo.
“Una specie evoluta di scimmia” (come ci definì Hawking) che un giorno iniziò a sentire i propri pensieri e capì di essere qualcosa di più. Che guardò il cielo e credette di vederci del divino così come nella natura che lo circondava.
Non era nei piani questa creatura così diversa dalle altre, che plasmava ciò che lo circondava per renderlo funzionale a sé stesso. All’inizio rispettava il dono che aveva avuto, era reverenziale nei confronti della Terra che gli aveva suo malgrado donato la vita.
E siamo cresciuti.
Abbiamo scoperto il potere del fuoco, il potenziale delle armi, l’utilità del coltivare il grano. Abbiamo creato città, imperi. Abbiamo vissuto di intense e forti passioni che ci hanno spinti oltre; avevamo voglia di conoscere, di sapere. Sapevamo di non essere nati per essere bruti, ma per servir virtù e conoscenza (il canto più bello di Dante).
Con il tempo, presi da questo potere che sentivamo di avere, abbiamo dimenticato la Terra.
Eppure, ogni giorno viviamo le conseguenze della nostra dimenticanza.
Perché lei non ha bisogno di noi, siamo noi aver bisogno di lei.
È casa, madre, Vita.
Perché in questa storia lunga 4,5 miliardi di anni, noi siamo le comparse che avrebbero dovuto custodire quel bene superiore che è la Natura che ci circonda.
E dovremmo iniziare a ricordarlo.
A ricordare la meraviglia degli animali e delle foreste.
Delle montagne e degli oceani.
Siamo parte di questo bellissimo pianeta, nato dalle stelle.
E siamo qui, noi, oggi.
Ci sono io che scrivo e ci sei tu, che leggi.
Magari guardiamo lo stesso cielo di notte e proviamo le stesse emozioni. Siamo una frazione di secondo rispetto a tutto ciò che è stato e che sarà, ma è il nostro momento.
Il momento di tornare ad amare la nostra unica e bellissima casa.
Perché è grazie a lei, se oggi siamo qui.
È grazie ad un infinito insieme di processi che hanno creato l’attimo che oggi viviamo.
Tempi difficili, stiamo provando gli effetti collaterali della nostra negligenza.
Se saremo bravi, ne faremo tesoro. Se saremo bravi, non avremo bisogno di altre prove per iniziare a crescere e a capire che dobbiamo rallentare.
4,5 miliardi di anni per far sì che ci sia io e ci sia tu, su questo pianeta blu, circondato da stelle.
È bello già solo saperlo.
Benedetta Melappioni

Benedetta Melappioni

Classe 1994, appassionata fin da piccola di tutto ciò che concerne la Storia e la Scienza. Dopo essersi diplomata al liceo delle Scienze Umane intraprende gli studi di Archeologia del Vicino Oriente. Ha pubblicato il suo primo racconto, “La battaglia di Azincourt”, nel 2013 sul sito specialistico “Sguardo sul Medioevo”. È stata finalista del premio “Storie in Città” nel 2015. Co-organizzatrice della manifestazione “Ludica Marche” presso il Castello della Rancia di Tolentino (MC). Socia del Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze). Quando esce dal suo mondo di Dungeons and Dragons e modellismo, scrive attivamente presso il blog di divulgazione “Laputa – Geografia Insolita”.

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