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Foto di copertina: Antonio Macioce

Disegno: Erica Cecchella

Di tutto questo e di ciò che sarebbe potuto accadere abbiamo parlato nel volume 1 di Simbiosi, dedicato all’orso e alla difficile convivenza con l’uomo. Volume quantomai attuale, puoi trovarlo qui

 

 

In questi giorni si è davvero letto di tutto sulla questione di Andrea Papi, il runner ucciso nella zona di Caldes dall’orsa JJ4, catturata questa notte e rinchiusa al Casteller in attesa di sentenza.

Nel totale caos di commenti che vanno dagli estremismi più radicali a post degni dei migliori film Disney, ne ho letti alcuni di grande interesse, fatti sempre da esperti e addetti ai lavori. Ai due estremi troviamo, da una parte, i forcaioli che coi fucili già carichi vorrebbero sparare a tutti gli orsi ─ e perché no, anche ai lupi già che ci siamo ─ così da poter stare in pace con il nostro ambiente artificiale a misura di sapiens, padrone di ogni cosa e, dall’altra, chi pensa che gli orsi siano dei peluche innocui.

Come sempre la verità sta nel mezzo. Siamo troppo abituati al bianco e nero, senza pensare che la quasi totalità della vita è governata da grigi. Con queste righe, però, non vorrei addentrarmi nella ricerca della soluzione a questo “problema”, ma cercare di capirne le cause, analizzando la situazione anche da un punto di vista culturale, senza parlare di colpe. Non voglio parlare nemmeno di soluzioni appunto, lasciando la parola, spero, ai tecnici e zoologi, consapevole che a problemi complessi non possono corrispondere soluzioni semplici (il piombo per primo).

Facciamo un passo indietro. Cultura della montagna è cultura del rispetto.

In montagna, regola basilare, ci si dovrebbe entrare in punta di piedi, annunciando la propria presenza ma senza schiamazzi, godendo in silenzio della sua meraviglia e dei suoi insegnamenti.

Essendo molto spesso in questi luoghi, sia nei boschi che in altitudine, più volte mi è capitato di incontrare bikers e runner, questi ultimi sempre dotati di bacchette, spesso a velocità sostenute. Magari il runner ad alta velocità è arrivato vicino all’orsa, senza che nessuno dei due se ne accorgesse? O forse l’orsa, vedendolo sbucare dalla curva con le bacchette in mano, si è sentita minacciata e ha agito d’istinto? Potrebbe avere avuto i suoi cuccioloni con sé… forse non lo sapremo mai. Esprimo il mio grande cordoglio per la morte di questo ragazzo e per il dolore che sta provando la famiglia.

Purtroppo, però, le morti in montagna non sono una novità.

Cito Mauro Corona che proprio qualche giorno fa diceva: “nel mare ci sono gli squali, che facciamo? Uccidiamo tutti gli squali? se frequenti i boschi e la montagna devi accettarne anche le conseguenze, anche le tragedie, per quanto rare possano essere. Altrimenti stai sul divano, lì non rischi nulla”.

Espressione sicuramente tranchant in pieno stile Corona ma la realtà è che la montagna è pericolosa. Ne abbiamo parlato spesso noi di Simbiosi, sia in alcuni volumi che sui social. La montagna è una madre severa, che ti dona e insegna tanto, ma pretende rispetto. In montagna rischiamo la vita, sempre: una caduta, un morso di vipera, una roccia che si stacca da una parete, un piede messo male, possono esserci fatali. Questa è la verità, anche se per molti sapiens questo pare essere inaccettabile. Andare in montagna senza attrezzature adeguate, senza conoscenze, senza preparazione e senza “cultura della montagna” è estremamente pericoloso, sempre.

Per rendersi conto del reale pericolo, basta una brevissima ricerca su Google: digitando “incidenti in montagna” usciranno decine di articoli.

Torniamo ai fatti. In un’intervista rilasciata in questi giorni, la dott.ssa Giulia Bombieri del MUSE afferma:

“Diverse specie di grandi predatori interagiscono con l’uomo in modi e circostanze diverse. Gli attacchi sono rari perché non capita spesso di imbattersi in uno di loro: ci sono, ma la maggior parte del tempo non li vediamo, ci evitano. […] La popolazione di orsi è in crescita, ma lo è anche la frequentazione umana della montagna. A partire da qualche anno fa, infatti, la frequentazione della montagna dal punto di vista turistico è aumentata esponenzialmente e questo fa sì che ci sia un numero molto più elevato di persone nei boschi rispetto al passato. Le circostanze maggiormente frequenti di attacco sono quelle di tipo difensivo, quando l’orso viene sorpreso a una distanza ravvicinata di qualche metro. Questo evento può capitare alle persone che frequentano la montagna e, nonostante la probabilità molto bassa, si ritrovano nel posto sbagliato al momento sbagliato.” (1)

Per completare il quadro vorrei riportare anche le parole di Angelo Caliari, che da oltre trent’anni studia gli orsi:

“Gli innumerevoli incontri fatti negli anni grazie alle mie ricerche anche per il Parco naturale Adamello Brenta, non hanno fatto altro che confermarmi quanto tutti gli esperti del settore dichiarano: che questo è un animale dall’indole tranquillissima, pacifico ma soprattutto incredibilmente intelligente. L’unica cosa da fare è comprenderli, capire come vivono ma soprattutto rispettarli: gli orsi, come i lupi e tutti gli animali selvatici evitano l’uomo. […] Il predatore più feroce in natura è l’uomo”. (2)

Ma se l’orso è un animale tranquillo e diventa pericoloso solo in certe circostanze, perché in Trentino è considerato un incubo antropofago al pari della bestia del Gévaudan? Perché la popolazione teme anche di andare a fare la spesa? Questo credo che sia il vero nocciolo del problema, il nodo su cui si basa tutto quanto. Parliamo di orsi, ma la stessa identica cosa vale per i lupi, demonizzati come non mai in quest’ultimo periodo. (si veda a tal proposito l’editoriale del volume 8 di Simbiosi)

Mentre si parlava di orsi su Facebook, una persona che conosco e che abita in Trentino occidentale mi scrive, testuali parole: “L’origine del problema è che hanno introdotto un animale che qui non viveva più. Ora è tempo di soluzioni drastiche. Non si può avere paura ad andare a fare la spesa. Qua viviamo al limitare del bosco, non siamo in città”. Questa è una persona di cultura, con un ottimo lavoro e di successo. Mi sono davvero stupito di questo suo commento e mi sono interrogato a fondo.

La domanda vera è: perché nonostante le parole degli esperti, di chi vive a contatto con gli orsi, di chi li conosce e li studia da decenni, le persone hanno paura?

La risposta purtroppo è sempre nella politica. Riporto le parole di Alessandro De Guelmi, veterinario che fin dall’inizio ha lavorato al progetto Life Ursus, contribuendo anche alla cattura di diciotto esemplari, in una intervista di Repubblica:

“Dare la caccia all’animale che ha ucciso il runner non sarà facile. Ma dietro la situazione sfuggita di mano c’è una lucida strategia politica e ideologica […]  Niente educazione, niente comunicazione, nessun monitoraggio, taglio di fondi e personale. Allo sbaraglio vengono lasciati sia gli orsi che la popolazione, con una lucida strategia ideologica. La politica locale non vuole più gli orsi e opera affinché sia la popolazione esasperata a invocare lo stop. Nel resto del mondo sono scienziati, parchi e forestali a gestire simili progetti: in Trentino la Provincia ha tolto la competenza al Parco Adamello Brenta e l’ha affidata alla protezione civile”.

Alla domanda “Come si può coniugare la vita degli orsi con quella dell’uomo, su montagne sempre più antropizzate?” risponde:

“Affidando gli animali alla scienza e gli uomini alla conoscenza. C’è spazio per tutti: l’orso ci insegna a rispettare la natura, a temere la sua forza, a sapere che non siamo noi i padroni del pianeta. In Trentino la politica al governo opera oggi per convincere del contrario: grave errore, che pagheremo tutti”. (3)

Una precisa scelta politica quindi, che ha portato soprattutto negli ultimi dieci anni a tagliare molti fondi del progetto, soprattutto sulla cultura e sull’informazione, togliendo voce alla scienza e lasciandola solamente a chi gli orsi non li vuole, agricoltori e cacciatori su tutti: una trama ragionata, che ha portato nel tempo la popolazione ad essere contraria agli orsi, attanagliata da rabbia e paura.

Di questi giorni è anche il commento a caldo del Presidente della provincia, che col vento in poppa ha dichiarato che gli orsi andrebbero dimezzati, portati ad un numero di cinquanta/sessanta esemplari al massimo. A tal proposito è intervenuto con un’intervista a “L’Adige” Filippo Zibordi, zoologo che conosce molto bene gli orsi e la popolazione locale, che afferma: “Il progetto non aveva come obiettivo massimo i 50 esemplari. Cinquanta orsi era considerata la popolazione minima vitale per garantire la prosecuzione della specie sul medio periodo. Era esattamente il contrario. Certo, su quale superficie doveva insistere questa popolazione di orsi, è un altro discorso. Il Trentino doveva essere la core area, da cui sarebbe dovuta partire l’espansione che sta effettivamente procedendo, ma più a rilento del previsto. Finora alcuni i maschi si sono spostati, anche di molto, pensiamo a quello arrivato in Baviera, quello in Svizzera. Ma le femmine sono rimaste per lo più nel Trentino occidentale. Solo ora iniziano, alcune femmine, a varcare il confine con la Lombardia” (4)

Volontà politica dettata dal più puro antropocentrismo, che punta alla “percezione” delle persone, demonizzando orsi e lupi con una narrativa del terrore. Vorrei, per capire meglio la reale – e non percepita – misura del problema, pubblicare questo piccolo schema:

A questo punto è chiaro che in Europa non siamo abituati alla natura selvaggia: le foreste primarie sono ormai completamente sparite – tranne rari ed eccezionali casi – e buona parte della fauna selvatica è estinta o in via di estinzione; le stesse foreste, in molti casi, sono state sostituite da quelle che sembrano monocolture più che boschi, senza biodiversità, vuote, con poca fauna (certe foreste in Trentino-Alto Adige, come quelle colpite da Vaia, sono esattamente così). (5)

Sempre più importante è la teoria della Half-Earth di Wilson, che prevede ─ per salvare la biodiversità e di conseguenza la nostra specie ─ di lasciare metà della terra ai selvatici e alla naturale evoluzione degli ecosistemi, tenendo l’altra metà per l’essere umano. Già sarebbe tanto iniziare lasciando almeno il 30% delle foreste alla libera evoluzione, come auspicato dal prof. Schirone, membro del nostro comitato scientifico. (6)

Come da sempre sosteniamo noi di Simbiosi, il rapporto tra Uomo e Natura deve necessariamente cambiare. Non possiamo pensare che tutto il mondo sia casa nostra. Siamo sull’orlo del baratro: crisi climatica che procede a una velocità folle, con estati sempre più secche e crisi idrica, zoonosi, perdita di biodiversità, desertificazione. Davvero non ci rendiamo conto che è tutto collegato? Davvero non capiamo che certe specie animali sono equilibratrici della biodiversità e sono necessarie? Come possiamo pensare sempre e solo al nostro orticello, credere che possiamo disporre a nostro piacimento di ogni singolo angolo del mondo e sterminare ogni specie in cui ci imbattiamo? (7)

Questa faccenda mi ha fatto capire quanto retrograda, ignorante e poco lungimirante sia la mentalità dell’uomo.

Non abbiamo più la capacità di gestire il conflitto tra specie perché non abbiamo più la capacità di riconoscerci come specie in mezzo alle altre.

Stiamo dimenticando le nostre origini: gli antichi popoli del vecchio continente adoravano la figura dell’orso, tanto da associarlo a virtù quali la forza, il coraggio, ma anche la protezione della famiglia. I nostri antenati gli dedicarono non una, ma ben due costellazioni per guidarli verso le loro destinazioni. Stiamo dimenticando tutto questo, e nel dimenticarlo spareremo all’orsa, e anche ad altri: questa sarà la nostra più grande sconfitta.

 

 

  1. https://www.giornaletrentino.it/cronaca/l-esperta-del-muse-attacchi-dell-orso-il-rischio-c-%C3%A8-sempre-stato-ma-noi-possiamo-ridurlo-1.3467794
  2. https://www.ildolomiti.it/montagna/2023/ho-dedicato-la-mia-vita-agli-orsi-una-specie-piu-umana-degli-umani-il-racconto-di-angelo-caliari-ho-avuto-oltre-200-incontri-ore-di-attesa-che-a-me-paiono-minuti
  3. https://www.repubblica.it/cronaca/2023/04/08/news/trentino_orso_runner_andrea_papi-395348972/
  4. https://www.ilmessaggero.it/italia/orsa_jj4_mamma_partorito_cuccioli_cosa_significa_andrea_papi_runner_morto-7339832.html
  5. https://www.simbiosimagazine.it/speciale-vaia/boschi-fragili/
  6. https://www.half-earthproject.org/
  7. https://www.simbiosimagazine.it/biodiversita-ed-ecosistemi/salvare-la-biodiversita-il-motore-della-vita-sul-pianeta/
Pietro Comeri

Pietro Comeri

Fin da piccolo, grazie all’insegnamento di genitori e nonni, ama in modo viscerale boschi e montagne. Imprenditore e organizzatore di eventi da oltre un decennio, si è da sempre dedicato alla vendita e alla produzione artigianale. Per oltre 15 anni, fino al 2016, è stato presidente di una delle associazioni di rievocazione storica dell’età del ferro più importanti del panorama nazionale. Nel 2019, spinto dalla necessità di far qualcosa per l’emergenza ambientale, crea il brand di t-shirt Aspis Wear, con lo scopo ulteriore di sostenere il progetto “Nuove Antiche Foreste”. Nel 2019 insieme ad altri compagni di viaggio fonda l’associazione Città di Smeraldo Aps, che gestisce in totale trasparenza tale ambiziosa iniziativa.

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